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La Polizia di Stato di Alessandria al Salone dell’Orientamento di Acqui Terme. Un’occasione per avvicinare i giovani al mondo della sicurezza e della legalità
La Polizia di Stato di Alessandria ha partecipato al Salone dell’Orientamento organizzato dal Liceo Parodi di Acqui Terme, un appuntamento significativo per gli studenti che si affacciano alle scelte post-maturità. L’evento ha rappresentato un’importante opportunità per conoscere da vicino le diverse professionalità in divisa e il loro impegno quotidiano nella tutela della sicurezza pubblica. Un…
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Il diploma di maturità può bastare per un buon lavoro?
Il diploma di maturità può bastare per trovare la propria dimensione nel mondo del lavoro? Specie se associato a una formazione supplementare mirata, che non deve essere necessariamente di tipo accademico. La pensano così molti dei 1.550 giovani studenti della scuola secondaria di primo grado coinvolti dall’Osservatorio sull’Orientamento Scolastico, del portale Skuola.net, realizzato quest’anno in collaborazione con Unioncamere. L'importanza del diploma di maturità Tra gli studenti che tra pochi giorni dovranno scegliere la scuola superiore, ben 8 su 10 si discostano infatti dal luogo comune che vede l’università come l’unica strada in grado di garantire un futuro soddisfacente, a cui rimane legato il 19%. La nuovissima generazione, la cosiddetta Alpha, sembra dunque differenziarsi da quella precedente, ossia la Zeta, per una visione del periodo post-diploma in cui l’università è solo una delle tante opportunità per completare la propria formazione e inserirsi nel mondo del lavoro. Ma, allo stesso tempo, la maggior parte dei ragazzi che rivalutano la “spendibilità” di un buon diploma è consapevole che non ci si possa certo fermare al termine delle scuole superiori: il 52%, perciò, immagina che per aumentare le proprie chance occupazionali, prima di candidarsi per un lavoro qualificato, un diplomato debba comunque passare per una delle tante opportunità di specializzazione professionalizzante disponibili oggi (ITS Academy, lauree o corsi professionalizzanti, tirocini aziendali, ecc.), mentre un più esiguo 29% crede che per farcela siano sufficienti volontà e determinazione. Analisi e dati: qual è il segnale? In prospettiva, questo, è sicuramente un buon segnale, visto che in base agli ultimi indicatori forniti dalla stessa Unioncamere attraverso il suo Sistema Informativo Excelsior, il 29% dei contratti di lavoro programmati dalle imprese dei settori industriali e dei servizi nel 2023 ha riguardato diplomati e nei prossimi 5 anni la previsione è che tale quota supererà il 31%. Peccato che i diplomati più richiesti spesso non siano sufficienti a soddisfare il fabbisogno delle imprese, che in molti casi cercano invano profili “introvabili”, in possesso di un titolo di tipo tecnico o professionale: Unioncamere stima che nei prossimi 5 anni potrebbero mancarne addirittura più di 200 mila. Su questo aspetto, a giudicare dai risultati del sondaggio, sembra tuttavia che gli studenti della scuola secondaria di primo grado di oggi continuino a guardare in massa in direzione dei licei. Alla vigilia dell’apertura delle iscrizioni, circa 6 su 10 stanno valutando soprattutto questi indirizzi. Un dato in linea con quanto rilevato in passato dall’Osservatorio e soprattutto con le scelte effettive degli studenti registrate negli ultimi anni. Licealizzazione Purtroppo, però, sappiamo che questa “licealizzazione” di massa porta con sé alcuni effetti collaterali. A causa di un orientamento errato alcuni di loro finiscono per spostarsi, durante il quinquennio, sull’istruzione tecnico-pratica o, peggio ancora, abbandonano in corso d’opera. Oppure, quasi costretti a iscriversi all’università dopo la Maturità, non riescono a completare il percorso accademico. Riscontrando così grandi difficoltà a trovare un’occupazione a elevata qualifica (e retribuzione). Alla base di un paradosso del genere potrebbero esserci varie motivazioni. Una di queste è sicuramente la visione che i ragazzi hanno del mondo del lavoro, con la contemporanea assenza di una conoscenza reale dei mestieri che trainano oggi il mercato. Ci si rende conto di questa percezione chiedendo loro cosa vorrebbero fare da adulti. Le occupazioni più gettonate restano, ad esempio, l’insegnante, il medico, l’ingegnere, lo psicologo. Secondo Unioncamere tutte professioni strategiche sotto molti aspetti anche nei prossimi anni e, tuttavia, ai primi posti delle classifiche delle offerte di lavoro delle imprese, documentate mensilmente attraverso le indagini Excelsior, si trovano prevalentemente richieste di “tecnici” o comunque di risorse con abilità pratiche. La quota dei “licenziandi” Ma la principale leva da attivare per superare questo disallineamento tra le idee e le intenzioni è quella dell’orientamento, per evitare di fare delle scelte quasi “al buio”. Un problema che i recenti interventi del Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) intendono risolvere. E i risultati di questa azione sembrano già iniziare a vedersi: rispetto a dodici mesi fa, infatti, si sgonfia leggermente la quota dei “licenziandi” che si dicono totalmente indecisi sul post scuola secondaria di primo grado: scende dal 25% al 21%. Un punto importante è proprio lo snodo relativo al passaggio dalle scuole secondarie di primo grado a quelle di secondo grado, laddove emerge che 4 studenti su 5 dichiarano di aver svolto delle attività di orientamento, ma con il 44% di loro che riferisce di averle iniziate solo all'avvio dell’ultimo anno delle scuole medie. Sempre in merito alle attività di orientamento svolte, si rileva come il 38% le promuova a pieni voti e come il 46% riscontri un gradimento almeno parziale; mentre il 16% dichiara che tali attività non hanno aiutato a chiarirsi le idee sulla scuola superiore da scegliere. PNRR La situazione, però, dovrebbe migliorare nei prossimi anni, visto che il PNRR ha portato con sé una riforma dell’orientamento scolastico, che impone lo svolgimento di almeno 30 ore specifiche all’anno, a partire dalla prima media. Ore che dovranno essere “riempite” di contenuti provenienti da soggetti competenti in materia, onde evitare di alimentare quel cortocircuito che oggi crea il mismatch tra domanda e offerta di talenti sul mercato del lavoro. Foto di ElasticComputeFarm da Pixabay Read the full article
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Ricordo di Leandro Ghinelli
di Paolo Vincenti
Docente, letterato, scultore. Leandro Ghinelli (1925-2015), nato a Firenze ma salentino d’adozione, è stato un intellettuale poliedrico, multiversato, di quelli che forse a cagione di una enorme inventiva e della eterogeneità dell’ispirazione, a volte mancano di grandissimi riconoscimenti. Infatti, egli, pur appartenendo cronologicamente alla generazione del dopoguerra, non può essere assimilato a nessuna corrente artistica salentina o categoria letteraria ben definita, secondo il concetto inteso da Oreste Macrì di comune matrice archetipica, ideologica, metodologica, ambientale e amicale.
Se cioè dovessimo seguire la teoria generazionale formulata dal grande critico letterario (che compì al contrario il percorso di Ghinelli: da Maglie a Firenze), potremmo dire che in quel milieu che connota studiosi e artisti di una certa temperie culturale Ghinelli non rientra. Questo è sicuramente un vantaggio, perché per lui, come per altri oriundi salentini, non si corre il rischio di chiusura provinciale, più chiaramente di quel vieto provincialismo che condiziona gli studi di certi eruditi troppo autoreferenziali, né, di converso, di stucchevole, quasi estatica, acritica ammirazione per il territorio che sovente irrora l’ispirazione dei visitatori stranieri.
Ghinelli cioè si pone a metà via, fra l’amore unito alla gratitudine per questa terra che lo aveva accolto, e la consapevolezza dei suoi (di essa) limiti; lontano, sia nell’espressione artistica che in quella letteraria, dalla maniera, intendendo con questo termine tutto ciò che di specioso, affettato, ridondante, scontato, venga prodotto dalla gonfiezza del cuore.
Insegnava italiano e storia nelle scuole superiori. Per tutta la carriera, produzione artistica e scrittura hanno proceduto di pari passo, similmente ad altri suoi illustri colleghi come Vincenzo Ciardo, Lino Paolo Suppressa, Lionello Mandorino.
Fra le prime realizzazioni, vanno segnalati svariati ritratti in terracotta e bronzo: Leopardi (1963), Beethoven (1963), Paolo VI (1963), Petrarca (1964), Manzoni (1964), Verdi (1964), Dante (1965), D’Annunzio (1968), Pirandello (1968).
Importante, per Ghinelli, fornire una contestualizzazione teoretica alle proprie produzioni. L’autore cioè tiene a delineare i principi del suo orientamento artistico, “che non si esaurisce nell’abilità manuale di un raffinato mestiere, né tanto meno nella invenzione del nuovo a tutti i costi, ma coinvolge la meditazione sui fini e sui valori dell’esistenza umana.” [1]
Nel saggio Scultura. Il ritratto, scrive: “proprio la consapevolezza estetica dello scultore e la sua maturità di stile, di pensiero e di cultura lo rendono capace di realizzazioni d’arte che non sono semplici esecuzioni manuali o pedanti ripetizioni di modelli stereotipati, i quali possono ben rientrare in un canale di scuola antica o moderna, ma non fanno Arte, se non c’è l’Artista.”[2]
Negli anni Settanta, realizza sculture come la Maternità (1973), la Danzatrice (1977), l’Approccio (1977), Il volo (1977), la Creazione (1983), sempre con una costante attenzione all’interiorità dei personaggi ritratti, con una vereconda tensione verso l’armonia delle forme, un’armonia pacificatrice degli umani contrasti, di quel disorientante caos della vita moderna dal quale l’autore si dichiarava confuso, destabilizzato. E basta guardare le aeree linee delle sue sculture, le loro morbide volute, appena mutuate dall’arte classica ma al tempo stesso moderne, per rendersene conto.
Non ci sono, nelle forme stilizzate di Ghinelli, asprezze, stacchi improvvisi, ma soffici rotondità; come scrive Donato Valli “le opere di Leandro Ghinelli portano il segno di una istintiva gioia creatrice; l’imperante verticalismo che caratterizza in maniera decisa tutta la sua produzione più significativa è in effetti la traduzione concreta di un’ascesi che è insieme fiducia di comunicazione nel duplice livello della umana solidarietà e della divina ansia; è, cioè, volontà espressa di innalzamento spirituale, di speranza per sé e per gli altri, gioia di illuminazione attraverso la materia plasmata…”[3].
Una ragione superiore è la fede, intimamente vissuta dall’autore, che si esprime in quel verticalismo, di cui parlava Valli, che emblematizza l’ansia di ascesi di Ghinelli, la sua esigenza di mettersi in contato con il divino; e infatti le sue opere sono “caste nel loro ascetismo”, come scrive Giuseppina De Giosa, e “i suoi nudi levigati ed ariosi nella loro leggerezza quasi impalpabile”[4].
Nel 1980, realizza il busto bronzeo di Papa Giovanni Paolo II, poi collocato, nel gennaio del 1999, nel Duomo di Lecce in onore del Vescovo Cosmo Francesco Ruppi, nel decennale del suo episcopato.
Scrive Gigi Montonato su “Presenza Taurisanese” che “il Ghinelli ha colto Giovanni Paolo II in un atteggiamento di grande e intensa meditazione. Nel volto del Papa, teso nella concentrazione e nella preghiera, sono visibili i segni di una profonda sofferenza ma anche di una smisurata fede”. Quella di ritrattista diventa ben presto un’attività febbrile per la quale si rincorrono le commissioni da parte dei più disparati enti pubblici e privati.
Realizza il monumento al tenore Tito Schipa, collocato nella Villa Comunale di Lecce, nel 1980, i busti dedicati a Enrico Fermi, per l’ I.T.I.S. E.Fermi di Lecce, 1981, e a Grazia Deledda, per l’I.T.F.S di Lecce, nel 1985, il busto a Oronzo Massari nel 1983 e a Pietro Lecciso nel 1986, entrambi per il Tribunale di Lecce, quello a Padre Filippo Ciotta, che si trova nell’Istituto Calasanzio di Campi Salentina, 1984, quello a Enrico Mattei, nell’I.T.I.S. E.Mattei di Maglie, 1991. Si avverte lo sforzo di dare spirito, oltre che corpo, alla materia; nel tracciato che segue il suo modellare la scultura si piega all’ artefice solo quando questi riesca a imprimerle quel soffio, sappia trasfondere nell’opera il messaggio che vuole comunicare. Se questo messaggio è sostenuto da fermo volere, da incessante ricerca, il modellato dinamizzato da una sapiente resa plastica, l’opera, da artigianato, mera esecuzione, riceve quel fiat che la fa diventare arte, per la quale non sarà mai pronunciato invano il motto oraziano dell’ “exegi monumentum aere perennius”.
Negli anni, Ghinelli tiene moltissime mostre e riceve numerosi riconoscimenti.
Nel frattempo scrive poesie, racconti[5] e pubblica diversi libri. Nella scrittura, fin dagli esordi, la cifra stilistica che lo caratterizza è quella dell’ironia, che è però un’arma spuntata, cioè si stempera nel sarcasmo, nella leggerezza, raramente nel velato cinismo, se è vero che una vena giocosa percorre sottilmente tutta la sua produzione. La sua ironia non è una fiamma al calor bianco, come quella dei motteggiatori latini, per intenderci, né quella salace, irridente, di un Aretino. Ghinelli non è spirito maledico, la sua è poesia fresca che trova nei modi del suo apparente disimpegno il terreno coltivabile, l’humus insomma, per la sua creatività.
Nel 1999 pubblica Pensieri e riflessioni,[6] con Presentazioni di Aldo Vallone, Giovanni Invitto, Salvatore Valitutti e Enzo Marcianò, e con una Nota dell’autore, Cenni sul mio metodo, che ribadisce l’urgenza per Ghinelli di scritti di metodologia, come già accaduto con Il posto dell’ arte nella civiltá tecnologica, nella rivista “La Zagaglia”[7] e poi con Perché si fanno ritratti, in “Espresso Sud”[8].
Il libro Pensieri e riflessioni raccoglie una serie di osservazioni critiche, a mo’ di diario, scritte dall’autore nell’arco temporale 1971-1987, alcuni delle quali piccoli saggi filosofici. Nel 2010 pubblica E apparve la donna, raccolta di poesie, in parte già edite su riviste[9]. Ma Ghinelli è anche un raffinato critico letterario: si legga la sua dottissima esegesi della raccolta di poesie Segni nostri, di Donato Moro[10], o quella di Una vita in versi di Lucio Romano[11], o ancora del poema Gerusalemme di Lidia Caputo[12].
“Scultore raffinato e poeta di profonda sensibilità, Leandro Ghinelli è sicuramente l’espressione di un inedito umanesimo che sa cogliere ed esternare gli aspetti più intimi, delicati e veri dell’animo e della vita”, scrive Mario De Marco, in ringraziamento per il dono di una piccola testa in terracotta di Michelangelo[13]. Nel 2007, viene inaugurato nel cortile di Palazzo Adorno a Lecce il busto di Aldo Moro – con una epigrafe commemorativa scritta da Giovanni Pellegrino -, frutto di un percorso cominciato nel 2004 quando il Nostro realizzò un piccolo busto in terracotta dell’illustre statista assassinato dalle Brigate Rosse, che allo scultore stava particolarmente a cuore.
Quella semplice opera, presentata a Maglie nel 2004, colpì molto l’On. Francesco Rausa, che si fece promotore presso la Provincia di Lecce, allora presieduta dal Sen. Pellegrino, dell’esigenza di realizzare un’opera più imponente dedicata al politico di origini magliesi. Dopo un certo iter burocratico, si giunse alla realizzazione del grande busto in bronzo e alla sua consegna alla Provincia di Lecce da parte di un commosso e grato Ghinelli. L’opera riscosse unanime approvazione ed anche il consenso dell’On. Giacinto Urso, dell’On. Giorgio De Giuseppe, e della critica specializzata, perché la statua esprime al meglio la figura dell’On. Moro, e quella “pensosità malinconica tipica del grande statista”, come scrisse Angelo Centonze in “Note di storia e cultura salentina”[14]. Soprattutto, questa statua costituiva un punto di concordia, come scrisse Gigi Montonato in “Presenza Taurisanese” [15], facendo riferimento alle polemiche che hanno accompagnato la realizzazione di altre statue ad Aldo Moro, come quella di Maglie che raffigura il leader della Democrazia Cristiana con “L’Unità” sotto il braccio, oppure quella di Acquarica del Capo che venne addirittura vandalizzata.
Negli anni Duemila, Ghinelli realizza i busti di Gerolamo Comi, Vittorio Bodini, Vittorio Pagano, Ennio Bonea. Nel 2013 esce Canti della vigilia (poesie), per le Edizioni di “Presenza Taurisanese”[16], una raccolta di poesie voluta e curata da Gigi Montonato, che raccoglie insieme componimenti poetici già editi. Negli ultimi anni, infatti, Ghinelli pubblica moltissime poesie su riviste come “Il Galatino”, “Presenza”, “Note di storia e cultura salentina” e on line su “www.culturasalentina.it”.
Sulla copertina del libro, un’opera dello stesso Ghinelli: “Le tre Grazie Madri”. Poesie che vivono in una dimensione sospesa, quasi rarefatta, queste, sempre sottese di un lirismo soffuso, ma sorrette da una conoscenza dei mezzi tecnici, gli strumenti del versificare, di cui la robusta formazione classica fornisce padronanza all’autore. E ancora, nel 2014, pubblica Disincanti (Versi), sempre nelle edizioni di “Presenza Taurisanese”[17].
Questa silloge, quasi a bilanciare l’impegno e l’intimismo della precedente, si compagina di poesiole più leggere, scherzose, bagatelle o “nugae”, come le definisce il curatore Gigi Montonato, che firma la Presentazione del libro. In quest’ultima opera, la vena giocosa dell’autore si esplica ben al di là e a dispetto dei suoi novant’anni di età, nei modi di un colto divertimento, come di chi giunto sulla soglia dei disincanti, appunto, non esita a mettere in berta e burletta il mondo e le sue storture e sceglie per far questo un linguaggio piano, scorrevole, che si avvale di versi liberi, con immagini tratte da quel mondo favolistico da cui più volte ha preso ispirazione. Ai componimenti, si accompagnano le opere in terracotta dello stesso autore, ritratte in calce agli scritti, come per un ultimo sinestetico messaggio di arte e scrittura compagne alla mèta.
Note
[1] Dalla sua Pagina on line.
[2] Leandro Ghinelli, Scultura. Il ritratto, in “Contributi”, Soc. Storia Patria per la Puglia sezione Maglie, n.3-4, 1987, p.63.
[3] Donato Valli, Motivi ispiratori di Leandro Ghinelli, scultore, in “Sallentum”, E.P.T. Lecce, n.VI, 1983, pp.204-205.
[4]Giuseppina De Giosa, L’arte di Leandro Ghinelli, in “Il Secolo d’Italia”, 2 Giugno 1983.
[5] Leandro Ghinelli, Due vampire bionde, in “Note di storia e cultura salentina”, Soc. Storia Patria Puglia, sezione Maglie, n.VII, Lecce, Argo,1995, pp.279-286. Idem, Vino frizzante, Ivi, n. VIII, Lecce, Argo, 1996, p.36. Idem, Uno sguardo al cammino della storia, Ivi, n.IX, Lecce, Argo ,1997, pp.335ss. Idem, Lo scampanio del mondo nuovo, Ivi, n.XV, Lecce, Argo, 2003, pp.453-456. Idem, Ridiculez, Ivi, n. XVIII, Lecce, Argo, 2006, pp.253-258.
[6] Idem, Pensieri e riflessioni, Lecce, Argo Editore, 1999.
[7] Idem, Il posto dell’arte nella civiltà tecnologica, in “La Zagaglia”, n.42, Lecce, 1969, pp.184-196.
[8]Idem, Perché si fanno ritratti, in “Espresso Sud”, Aradeo, maggio 1985, p.17.
[9] Idem, E apparve la donna, Bari, Laterza Editore, 2010.
[10] Idem, Uno studio sulla poesia di Donato Moro, in “Note di storia e cultura salentina”, Soc. Storia Patria sezione Maglie, n. X-XI, Lecce, Argo, 1998-99, pp.213-256.
[11]Idem, Una vita in versi” di Lucio Romano, Ivi, n.XIII, Lecce, Argo, 2001, pp.189-196.
[12] Idem, Gerusalemme, un dramma di coinvolgente attualità di Lidia Caputo, Ivi, n.XVI, Lecce, Argo, 2004, pp.375-378.
[13]Mario De Marco, La scultura e l’arte di Leandro Ghinelli, Ivi, n.XVII, Lecce, Argo, 2006, p.341.
[14] Angelo Centonze, Un’opera del maestro Leandro Ghinelli nel Palazzo Adorno di Lecce, Ivi, n. XIX, Lecce, Argo,2007-2008, pp.186-187.
[15] Gigi Montonato, Il busto di Aldo Moro dello scultore Leandro Ginelli, in “Presenza Taurisanese”, n.203, Taurisano, giugno-luglio 2007, p.12, dove è riportato anche uno scritto esplicativo dello stesso scultore.
[16] Leandro Ghinelli, Canti della vigilia (poesie), I Quaderni del Brogliaccio, Edizioni di “Presenza Taurisanese”, Taurisano, n.10, marzo 2013.
[17] Idem, Disincanti (Versi), I Quaderni del Brogliaccio, Edizioni di “Presenza Taurisanese”, Taurisano, n.12, aprile 2014.
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Parte 2
La queerphobia, o detta all’italiano, la paura, il timore, l’avversione e il pregiudizio di tutto ciò che riguarda l’orientamento sessuale (e/o romantico) e/o identità di genere che non siano percepiti come “normali”.
Detto in parole ancora più spiccie, avversione per il diverso.
Nel mio caso è più una certa recalcitranza a riconoscere che la mia vita sarebbe stata molto più facile in un mondo perfetto, che lentamente passo per passo attivisti, autori e ricercatori del campo stanno costruendo.
Sapere che fra vent’anni nessuno potrebbe più subire discriminazione, dovrebbe farmi piacere ed invece, sono una persona di merda, quindi mi riempie di irritazione che io sia dovuto crescere in questo modo e quelli che verranno potranno vivere più tranquilli.
Faccio ulteriore chiarezza, perchè quando dico di essere un’orribile persona, la gente mi prende sul ridere e pensa che io stia scherzando. Non è vero, ve lo posso assicurare, ma sto cercando di crescere. Un percorso a zig-zag e che amo rendere più complicato, ma è pur sempre una strada. Fino al mio traguardo, però, lasciatemi definire una persona dalla dubbia moralità e principi, poi si vedrà. Preferisco mettere le mani avanti e dire che sono una persona di merda per i posteri.
Cosa significa?
Prima di tutto: mi identifico come Asessuale (non inizio neanche a parlare della fatica che ho fatto ad accettare questo termine), non amo pensare al mio orientamento romantico, perchè sarebbe un passo che ancora non sono pronto a fare. (Suona talmente petulante che mi chiuderei il post in faccia da solo, ma abbiate solo ancora un po’ di pazienza.)
Il mio genere è sicuro, ma siamo su internet e l’anonimato è comunque una buona cosa, specialmente perchè sono un codardo e non amo metterci la faccia.
Non sono un attivista e questo mi pareva abbastanza chiaro. Non amo parlare al grande pubblico, perchè non amo i conflitti. Il covo di vipere che mi attende, lì fuori, è sufficiente per farmi rimanere nella mia piccola bolla protetta.
Tornando alla domanda: cosa significa il mio post?
Significa che sono acephobico e queerphobico, pur essendo parte di almeno una di queste due comunità. Non seguitemi se volete delle sicurezze, perchè la mia sanità mentale è piuttosto labile, così come la mia capacità decisionale.
Ma cosa significa?
Significa che sono cresciuto in una società strutturata in un certo modo (no, non voglio la pietà di nessuno, amo il genere umano), mi sono convinto che ci sia un’unica possibilità per essere felici, essere coiugati con qualcuno, essere normali, non attirare l’attenzione per le strade e la vita. Studiare le materie serie, quelle scientifiche e non quella carriera a fondo chiuso che è la letteratura o, il cielo si apra, scienze umane più in generale. Lo psicologo è solo per i matti, solo per i deboli, si deve solo scherzare sulla depressione, ma se si accenna qualcosa il tavolo da pranzo piomba nel silenzio e si viene guardati con rimprovero. Suona così petulante da risultare quasi comico ed è divertente, in effetti, come non sia adolescente, ma la mia maturità con tutta probabilità si è fermata a quello stadio.
Credo davvero a tutto ciò?
La risposta è complessa, come tutto, del resto, in questa esistenza,in breve è: sì, a volte.
A volte, ci credo.
A volte, mi dimentico e giudico ancora il mondo in questo modo.
A volte, mi piacerebbe tornare normale, beato nella mia ignoranza.
A volte leggo post (LGBT+, ma anche altri) che non capisco e li catalogo direttamente come menzogne, fatti per attirare l’attenzione, una nuova etichetta alla tumblr.
A volte, mi sale la bile, leggendo i tentativi di rendere la lingua italiana genere neutra, la lingua che amo, con la quale più so esprimermi, deturbata con segni casuali e illeggibili.
Poi, faccio un respiro e...ne faccio un altro, per maggior misura. Mi sento come mia madre che ancora non capisce la differenza fra Drag Queen e Transessualità, nonostante le abbia spiegato più e più volte, portando illustri esempi all’italiana. Una sensanzione orribile, se devo essere sincero.
Non è facile. Non voglio pietà, non voglio suonare erudito o con la verità in tasca, l’essere che sa e che vede attraverso tutto in un secondo. Non so neanche controllare me stesso. So che suona patetico e in realtà lo è, perchè spero che un giorno potrò guardare questo post e ridere, ridere forte fino alle lacrime.
Dire che è tutto alle spalle...
Fino ad allora, però, sono una persona di merda. Sono queerphobico e acephobico, mi piacerebbe dire nei momenti di debolezza (ed è soprattutto in quelli), ma, più in generale, anche in tutti quei momenti in cui mi sento attratto da un concetto che diverge dalla “norma” e mi convinco che non debba esistere.
#asexual#ace#asessualità#asessuale#queerphobia#acephobia#riflessione#internalized aphobia#internalized queerphobia#Mio#Parte2#Non Prendetemi Sul Serio
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Per la prima volta da quando sono su IG cancello un post. Per la precisione quello che perculava il nostro Ministro dell'Interno. Siccome mi ritengo diverso da lui (nonostante il bellissimo nome che ci accomuna) per valori e responsabilità, e credo che prendere in giro per una vicenda che tocca la sfera intima personale di una persona, per quanto questa sia una brutta persona come io ritengo lui sia, non sia indicativo di maturità intellettuale, ho preso questa decisione. Voglio che i miei figli sappiano che io rispetto tutte le persone*, indipendentemente dal colore della loro pelle, inclinazione sessuale, orientamento politico, preferenze sportive, gusti culinari**. Voglio che i miei figli sappiano che il loro padre è per la famiglia come concetto di amore e non come uomo/donna, donatore di sperma/fattrice, nonostante sia sposato da quasi 20 anni con la loro madre. Voglio che I miei figli, leggendo i miei post, non possano mai pensare di me: mio padre non era una brava persona. *tranne i cavalli, i cavalli sono persone orribili. **a meno che non mangiate la pizza con l'ananas, traditori della patria. https://www.instagram.com/p/Bp1oPpZBxf4/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=1xfqmf4v5q6s1
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Diventa Filosofo: reinventa la tua vita.
“Occorre soffrire perché la verità non si cristallizzi in dottrina, ma nasca dalla carne”. Emmanuel Mounier
“Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio”. Samuel Beckett
“Non è perché le cose sono difficili che non osiamo, è perché non osiamo che sono difficili”. Lucio Anneo Seneca
La storia è maestra di vita, perché la storia può essere solo la “mia” storia
Cicerone, il maestro del pensiero e della civiltà latina e occidentale, lo scrisse a chiare lettere: “Historia magistra vitae”. La storia è maestra di vita.
La storia collettiva è importante, non c’è dubbio.
La studiamo a scuola e sappiamo che spesso ha toccato anche le vite dei nostri cari. Uomini e donne che hanno avuto a che fare con il drammatico ‘900, con la Seconda Guerra Mondiale: un mondo che ci riguarda.
Così, la sentiamo, la storia, anche più vicina a noi, ne possiamo quasi sentire il respiro.
Ma la storia non è soltanto lo scenario mondiale e universale, ciò che un grande filosofo come Hegel definiva “un grande mattatoio”. La storia è anche la nostra carne, soprattutto quando diventa storia personale: un insieme di momenti, eventi, fatti, avvenimenti, rotture, che hanno mutato il corso del destino. Del nostro destino.
La vita non è un percorso lineare, essa è, al contrario, fatta di faglie, discontinuità, curve a ridosso della scogliera, dirupi, rotture di false procedure e inizio di nuovi stagioni. La vita è ciò che ci accade mentre pensiamo, facciamo e progettiamo un’altra cosa. Ci sorprende e, per ciò, ci rilancia. Perché l’acqua stagnante imputridisce e, per scrollarci di dosso quel bisogno antico di sicurezza ad ogni costo, spesso occorre bagnarci in acque tempestose, navigando o nuotando in mare aperto. E, sempre in mare aperto, porre mano a quel continuo problem-solving che nasce col primo vagito, appena usciti dalla pancia di nostra madre.
La vita è un’avventura: un fatto, non una formula vuota
La vita è un’avventura che attende il significato che, di volta in volta, siamo disposti a conferirle. La responsabilità è nostra, mia e tua, e di nessun altro.
E’ in forza di tutto ciò, dunque, che l’esistenza diventa un grande laboratorio di crescita e sperimentazione.
Noi abbiamo compreso ciò e siamo impegnati ad elaborare, costruire e inventare strade e piste di apprendimento, affinché anche altri possano affacciarsi su questo grande balcone, ammirando il nuovo paesaggio che, sotto i loro occhi, non vede l’ora di esplodere.
E’ solo la vita, con il suo marchio di verità e di magistero, che può spingere due uomini a raccogliere le loro forze, competenze ed esperienze in vista di uno scopo educativo, formativo e creativo.
La filosofia è la via della generatività e della liberazione dagli idoli che ci piantano ai blocchi di partenza, in attesa o del prossimo “salvatore” o di qualche Evento miracoloso che, in realtà, ha un solo nome: l’io che si mette in movimento.
Chi siamo: non un cv, ma un percorso di vita
Io sono Raffaele Iannuzzi, co-fondatore, insieme a Marco Del Fa, del sito www. praticamente-pensando.it.
Un luogo creato per fare qualcosa che riecheggia nel cuore di tutti noi, ma che dobbiamo osare ripetere per realizzare fino in fondo: diventare noi stessi
Divieni ciò che sei! L’imperativo di Nietzsche, il motivo dominante di uno scritto che, a buon diritto, può essere considerato uno dei grandi classici della “crescita personale” moderna: i suoi “pensieri sul coraggio di essere se stessi”.
Non c’è da stupirsi, la filosofia nasce per far uscire l’uomo dalla caverna, dunque per originare e orientare la sua autentica crescita come essere umano capace di costante evoluzione spirituale, umana e culturale.
Ecco perché la nostra formula “praticamente pensando” rimanda esplicitamente alla filosofia e, anzi, ambisce ad essere una rilettura di quest’ultima, in chiave di sviluppo del potenziale umano. Non c’è categoria più coerentemente umana di quella di “potentia”, la potenza di essere se stessi, di vivere la vita che si sceglie, di abbracciare la propria vocazione con la stessa decisione degli antichi e dei moderni pensatori e uomini di ingegno e spirito d’avventura.
Ecco perché la via filosofica, sapientemente modulata ed articolata, senza alcuna propensione alla sterile erudizione accademica, come pure senza banalizzazioni posticce, è il luogo generativo per eccellenza dello sviluppo del potenziale umano.
Un luogo critico, che si serve di molti strumenti, alla portata di chiunque coltivi curiosità e passione al proprio destino: nessun alibi e nessuna scusa, ogni uomo è filosofo. La filosofia nasce dalla meraviglia e dallo stupore, da quell’impatto originario che la realtà ci regala, lasciandoci un “retrogusto” di slancio e passione, due segnali di grande fascino.
La sfida è davanti a noi, ogni giorno: o diventare chi siamo, reinventando la nostra vita, o ridurre la vita al minuscolo campo di battaglia della sopravvivenza, alla mercè di condizionamenti, “pendoli”, come dice Vadim Zeland, “idoli della piazza”, come annotava secoli fa un grande pensatore e scienziato, Bacone.
Io sono cresciuto a pane e filosofia, avendola abbracciata fin dall’adolescenza, ben prima di finire il Liceo Classico, a Grosseto, nella nostra città. Non è stato un innamoramento passeggero, un’infatuazione giovanile, ma una vocazione e un destino, un “segnale” che ha continuato ad indicare la rotta della vita.
A mano a mano che la matassa dell’esistenza si dipanava, giunto alla mezza età, ho percepito con chiarezza cristallina che la mia intera esperienza – dall’università, al percorso religioso, fino alle prime avventure professionali come venditore e poi consulente politico e culturale, a Roma, per dieci anni, con un tesserino di giornalista pubblicista, dal 2005, migliaia di articoli e libri scritti….tutto questo – dovesse servire ad aiutare, facilitare e favorire la bellezza del percorso di crescita degli altri. La maturità diventa un’esperienza quando si incontra con un grande verbo, generativo: dare.
“Nemo dat quod non habet”, “nessuno dà ciò che non ha”, come dicevano gli antichi. Dunque, io posso dare solo ciò che ho, ciò che ho sviluppato, studiato, creato, ciò che ha impegnato le migliori ore e lunghe notti della mia vita, giorni, mesi e anni…la vita.
L’incontro con Marco è avvenuto con la gratuità e l’inatteso guizzo del destino.
Entrambi abbiamo fallito, perché abbiamo provato e riprovato a farcela, a creare qualcosa: la lezione di Beckett ci è arcinota.
Entrambi abbiamo abbracciato certi studi, certe letture, certi orizzonti, perché la vita, per noi, è scelta, deliberata e radicale, al di là del bene e del male, in certi frangenti.
Entrambi, pur provenendo da convinzioni spirituali diverse, sappiamo che la vita ha a che fare con i significati e con l’infinito.
Entrambi siamo consapevoli che ogni cosa diventa grande solo se attraversata, irrorata e fecondata dalla pratica: coerenza dall’inizio alla fine, come sovente ripete Marco.
Siamo entrambi, se non “nel mezzo del cammin di nostra vita”, qualche miglio più avanti, l’età giusta per sapere di non sapere e per riconoscere che ciò che si può dare è frutto di autentica esperienza. Ed è ciò che faremo, che ci impegniamo, qui e ora, a fare.
I passi già fatti, il cammino da fare
Il sito, innanzitutto. C’è, è una realtà. La pagina Facebook si muove seguendo l’orientamento sopra descritto. Abbiamo già creato un ebook sul cammino di crescita come un percorso di lunga durata. E’ completamente gratuito. C’è anche un altro scritto, stavolta più volto a costruire competenze, utili in ogni ambito della vita, personale e professionale. Proponiamo il download di questo testo, la prima parte di uno scritto ben più corposo. La seconda parte, la più corposa, ripeto, la vendiamo in super-offerta a € 5, per il primo mese.
Dopo la super-offerta, il prezzo salirà ad € 15, sempre un prezzo superconveniente per un vero e proprio corpus di testi che abbracciano l’intero ambito dell’esistenza, frutto della nostra ricerca e dell’applicazione puntuale di molte idee e strategie.
Stiamo infine preparando corsi per la vostra crescita personale. Un vero mix di pensiero e strategia. Il pensiero è già di per sé una pratica, coerentemente costruito, elaborato ed applicato, diventa un orientamento: sono i due livelli dell’unico percorso che si chiama vita.
Lanciamo la sfida sul terreno assolutamente originale dello storytelling filosofico, con due giganti della filosofia: Machiavelli & Seneca. Titolo del progetto:
Diventa filosofo, reinventa la tua vita.
Sì, proprio il Cancelliere Fiorentino, il grande del pensiero politico sempre equivocato e che noi intendiamo far uscire dai luoghi comuni, in modo accattivante, godibile e fruttuoso, con il giusto e rigore e la giusta fantasia. Un maestro di resilienza, “anti-fragilità” e reinvenzione. Ne vedremo delle belle, garantito.
Con Seneca, la partita non sarà meno gustosa. E sarà una partita da non godersi sugli spalti, ma in campo, lavorando ed assaporando la fecondità di questo pensatore che pensava la filosofia come una terapia dell’anima.
La crisi ci sarà sempre, nella vita, perché la vita è scissione e rottura dell’ordine costituito: ecco il significato autentico di “crisi”. Se non ti impegni a diventare te stesso e, insieme, ad usare della neuroplasticità, senza che ciò significhi farsi materia plasmabile dal potere o dall’ambiente che ti circonda, non ne uscirai mai. Di crisi non si muore, di annichilimento di se stessi, sì. Ecco il punto, che è una sfida, prima che un punto dolente. Saperlo, esserne consapevoli, è già il primo passo. I passi che seguiranno saranno il nostro compito, se tu ci darai fiducia e apertura di cuore.
Grazie per aver letto questo post-manifesto.
Ad maiora e a presto,
Raffaele & Marco
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